Quando ho scelto questo mestiere, che è artigianato ed è oreficeria e che è fatto di routine, piccoli riti quotidiani e tradizioni secolari, di manifattura specializzata nelle menti e nei sentimenti, mi sono immaginata più o meno ogni scenario: mi vedevo nelle scuole di frontiera, ai margini dimenticati di Roma Capitale, nella Sicilia remota in qualche isoletta sperduta, nelle classi caotiche delle case famiglia, nelle aule blindate di Rebibbia, nelle scuole di inglese cambogiane in mezzo ai bambini figli delle risaie, e altre ipotesi estreme, tipiche della mia indole che tendenzialmente, tra l'altro, le porta poi avanti.
Tuttavia, giuro che mai, categoricamente mai, avrei pensato di insegnare un giorno dal salotto di casa, in pigiama dalla vita in giù, con i miei ragazzi ologrammati in icone tipo 'GL', 'FV', 'SL', dentro lo schermo di un computer portatile.
Ma va bene così, a ognuno il suo in questo periodo. Allora, dai, di nuovo in DAD. Lunedì spiego il canto di Priamo che chiede il corpo del figlio ad Achille. Normalmente farei questa lezione in piedi al centro tra i banchi (sì, lo so, avete pensato all'Attimo fuggente, ma non in piedi sulla cattedra, prometto), con le vocali lunghe che tremano perché di solito non li reggo emotivamente quei versi e racconterei alla mia prima A che, sebbene non dovranno (spero) mai restituire un cadavere sfigurato al familiare di una loro vittima, sì, invece, che gli capiterà di provare pietà per un uomo... Per certo, dall'alto dei miei 17 anni più di loro, so che capita a tutti prima o poi.
E quando si profilerà quella situazione, quando avranno la possibilità di scegliere se sentire e comprendere o vigliaccheggiare e sottrarsi, io voglio che ci ripensino ad Achille, voglio che ripensino a questo semidio greco coperto di ira, di onori e gloria, che non ha vacillato mai per ventiquattro libri, dieci anni di guerra, che si è vendicato, ha odiato e ha ucciso e ha infierito. Ma che di fronte a un vecchio che piange l'innaturale sepoltura del sangue del suo sangue, si china e rispetta.
Perché Priamo, il padre di Ettore, lì davanti in ginocchio, stravolto e stanco, a guardarlo bene, potrebbe essere suo padre.
C'è la guerra di Piero di De André là dentro, c'è il mistero della Fede, c'è la 'pietas' dantesca, ci sono decadi di studi scientifici sull'empatia e i neuroni specchio, c'è la vita che a tutti noi è capitata in dono e che, come un dono, va onorata.
Allora, quando suonerà la mia campanella immaginaria lunedì, che avrà il rumore del mio frigo da cambiare, e il sapore della nostalgia per gli studenti che già sento, ce la metterò tutta con Epica... anche se a questi ragazzi li vedrò solo illuminarsi nei cerchietti di Teams che si accendono e spengono come i respiri. Ce la metterò tutta perché se lo merita anche la leva Corona virus di studiare e perché la pandemia finirà prima o poi, ma questa loro avventura terrena no, e voglio saperli pronti.
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