Gli astrofisici stanno studiando da diverso tempo la materia bianca dell'universo. Sembra sia una cosa seria. È un tema, un grande tema.
Per me, invece, la materia bianca ha già una forma. Per me ha il profilo degli angeli che ci custodiscono, con le piume argentee accartocciate in preghiera, un po' affannati, dentro i bagagliai delle auto in coda, a sgranchirsi le ali tra le corsie degli ospedali, funamboli in bilico sopra i fili del tram, acrobati nelle scorribande di notti insonni, a toglierci le frecce delle cacce ai colpevoli, a levarci l'indice di libri contro, a ricordarci chi siamo, chi sono gli altri, che sono noi, in qualche parte un po' atomica di loro.
La materia bianca eccola. È la loro dedica per noi, avanza tra le intercapedini degli affetti che ci abitano, giù per le faglie degli amori finiti, dei viaggi conclusi, delle acque a venire. Vibra di bellezza autoctona, si autoalimenta nei frammenti adamantini di storie raccolte per farne mattoni e calcestruzzo e innocenza da cullare. Staziona negli avamposti di senso, in quegli angoli di noi dove, tra le fonti cristalline, si inspessisce lo scorrere dei giorni e si fa più forte ogni sentire, compreso il dolore. Ben venga.
Auguri anche a loro, che ci vogliono il bene, che spostano il peso per non farci cadere, aggrappati alle boe dei nostri cieli dentro, più o meno sommersi. Sono trasmigatori di passaggi nelle vite degli altri, amanti e volenti, addormentati sui pianoforti, abbracciati alle arpe, adunati in sala prove, a disporsi in semicerchio per il prossimo coro dai tetti di Roma o da ovunque voi siate. Pregateli di non dimenticarci, tanto non ci dimenticheranno comunque. Ma è il viceversa...
Auguri alle linee dolci dei loro sorrisi, spiriti guida di questa galassia. I corredi genetici vanno curati, baroni rampanti su alberi genealogici da risalire più che da potare. Pregateli di guardarvi crescere nelle vostre rese quotidiane. Questo è un gioco al contrario, chi perde vince.
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